Enrico Crispoli
Asterischi brevi per un confronto di “scultura dipinta”
Marco Godin
Dal catalogo Contini 1993
Antonio Paolucci
Reazionario Geniale
A me Giuseppe Gavazzi fa venire in mente Pinocchio
Nicola Micieli
Un Microunivarso incantato e struggente
Dino Carlesi
La categoria dello “stupore” puó diventare Poesia
Alessandro Bagnoli
Scultura dipinta
L’esperienza contemporanea di Giuseppe Gavazzi
Enzo Carli
Dal catalogo di San Nicoló in Sassi, Siena, 1988
Luciano Geloso
……. ne siamo orgogliosi.
Bruno Santi
Giuseppe Gavazzi alla Certosa di Val d’Ema
Mario Ruffini
Sequenze e Neumi per Gavazzi – Inni di Terracotta
Max Seidel
L’iconografia di Gavazzi
Traduzione dal Tedesco di Silvana Seidel Menchi
Gabriele Holthuis
L’esempio cavallo e cavaliere
Edoardo Speranza
Presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze
Gabriele Zollo
Presidente della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia
Ivano Paci
Pistoia è una città che, nel corso del tempo, ha dato i natali a molti artisti……..
Maresa Magini e Gianni resti
Sono già diversi anni ormai che la Città di Montalcino si è avvicinata al mondo dell’arte contemporanea con esposizioni temporanee e installazioni permanenti di opere negli angoli più suggestivi del centro storico. Le opere di significativi esponenti dell’arte contemporanea si integrano con la particolare bellezza del territorio, già ricco di opere d’arte antica, favorendo la conoscenza del patrimonio esistente e di opere d’arte contemporanea realizzate appositamente per l’ambiente che le ospita. Così Giuseppe Gavazzi, noto a livello internazionale sia per la sua attività di scultore sia per la sua professione di restauratore di antichi affreschi, mette in armoniosa, competizione le sue colorate figure con le naturalistiche, sculture lignee dipinte che si conservano nel Museo Civico e Diocesano d’Arte Sacra, ideando anche nuove figurazioni che ripropongono gli antichi temi sacri, come l’Annunciazione, la Maternità, la Madonna della Misericordia, la tentazione di Adamo ed Eva, o i simboli del potere civico. Il progetto della mostra è nato durante i lavori di restauro e di allestimento del nuovo museo, quando Gavazzi provvedeva al restauro di una grande Crocifissione quattrocentesca affrescata in una sala espositiva e Alessandro Bagnoli, curatore del Museo, seguiva tale lavoro e allestiva le collezioni d’arte antica. Dopo anni di preparazione, finalmente l’idea ha preso corpo grazie alla collaborazione fra Provincia, Comune, Soprintendenza, Fondazione Musei Senesi e oggi siamo quindi molto onorati di poter offrire al grande pubblico internazionale l’opera più genuina di questo scultore la cui semplicità, mitezza e sensibilità caratterizzano le espressioni delle stesse sculture da lui modellate.
Maresa Magini |
Gianni Resti |
Assessore alla Cultura |
Assessore alle Culture |
Comune di Montalcino |
Provincia di Siena |
L'intervista a Giuseppe Gavazzi
di Bruno Santi
D. Signor Gavazzi, come si è rivelata in Lei l’esigenza di un’espressione artistica?
R. La prima scultura l’ho „fatta” per modo di dire. Mi trovavo in campagna seduto in un campo e di fronte a me vidi che c’era una pietra di una certa dimensione, che tuttora ho. Avevo già realizzato tanti quadri, in parte avevo fatto il ceramista e, negli anni 1955, la prima scultura fu questa. Avevo un chiodo in tasca, per caso.
Così, presi quel sasso, e principiai a farci delle figure, un disegno, con abbastanza facilità perché il disegno lo conoscevo bene, avendo frequentato i quattro anni di scuola d’arte.
Poi dopo un po’ di tempo me ne andai a casa, e me lo portai dietro e, mi misi a stondare questo sasso, questo contorno di disegno e il lavorare la pietra, mi appassionò tanto che comprai degli scalpelli, un piccolo mazzuolo e continuai a scolpire nella pietra per diversi anni, facendo prima i bassorilievi perché sono più facili a fare, poi le figure a tutto tondo. In seguito iniziai a scolpire anche il legno. In legno avevo fatto un tavolo già nel 1961, un tavolo con circa 120 figure, anche le gambe sono scolpite, e intanto, prendevo confidenza col legno. Ho fatto fino al 1968 pietra e legno soltanto.
Con il tempo, facendo vedere i miei lavori agli amici, qualcuno mi ha suggerito: „Ma in terracotta non hai mai fatto niente?” „Mah!”, gli ho detto, „no, in terracotta per dir la verità non ho mai fatto niente”. „Eh tu dovresti farle, perché forse a te queste cose potrebbero venirti belle anche col bronzo”. E così qualche giorno dopo, questo suggerimento mi portò a provare. Andai per il bosco lungo delle strade di campagna e riuscii a trovare dell’argilla, che di solito nasce dove ci sono delle piccole sorgenti. Presi un po’ di quest’argilla e mi misi a far delle figure. Ma visto e considerato che era così facile farle, mi nascevano con una facilità che effettivamente io non ci credevo, non mi rendevo conto, presi e buttai via tutto. Dopo qualche tempo, qualche mese, mi dissi che bisognava che riprovassi, e feci delle teste, dei ritratti, così, a mente, anche quello d’un mio amico, e mi accorsi potevano funzionare anche queste cose con la terra.
Avevo fatto già delle figurine più piccole, di circa venti trenta centimetri e le patinavo e rimanevano terracotta non dipinta, e fra queste una maternità, un bambino e lo portai nella fornace a cuocere. Portai anche delle sculture un po’ più grosse nella fornace vicino a dove abito e, quando dopo diversi giorni tornai a prenderle, a vedere i risultati della cottura, mi dissero che le due sculture grosse erano esplose dentro perché non erano state asciutte bene oppure erano state costruite male. E io gli domandai dove potevano essere e mi dissero „sono nella discarica”. Allora andai a scegliere fra tutti i frammenti quelli delle mie sculture e, poi, nello studio le rimisi insieme, tutte rincollate, tutte risistemate. Però rimanevano tutte queste rotture e queste abrasioni: allora, una la ricolorai in terracotta, con un colore rosso marroncino e la dipinsi come fosse una terracotta, per l’altra mi prese l’idea di pitturarla: tutte quelle stuccature, tutte queste rotture non si sarebbero viste e così praticamente è nata a poco a poco l’idea della realizzazione di una scultura dipinta.
Ha molta importanza per Lei la scelta dei materiali per la realizzazione di un’opera d’arte?
Perciò anche la scelta di una materia per me è sempre stata un po’ casuale, non ho mai voluto e creduto in quel materiale, mi è nato tra le mani. I materiali bisogna sperimentarli, provarli e poi è bello anche cambiarlo il materiale: una pietra ti dà una soddisfazione, il legno un’altra, il bronzo un’altra, il marmo, lo stuccoforte (miscuglio di resina, pomice, sabbia, tessuto di lino e canapa; nota della redazione), la terracotta, sono tutti materiali che si possono plasmare, che ti danno la possibilità anche di realizzare tante cose nel mio conto.
Certo per realizzare tante opere d’arte nei diversi materiali uno bisogna che lo senta, che abbia proprio voglia e desiderio di cambiare materia, perché tutte le materie possono essere utili, possono essere importanti, ti possono ridare entusiasmo, perché lavorare sempre la stessa materia certe volte annoia, come stare in un ufficio, penso, o come fare sempre le stesse cose. Cambiare materia è molto importante, secondo me, è utile, ti dà coraggio, ti dà forza, poi tu rinnovi sempre un qualcosa. Una materia, un legno ti aiuta a fare la pietra, la pietra ti può aiutare a fare il marmo e così via, insomma, è un continuo salire e avere delle nuove sensazioni.
Vorrei che mi chiarisse il rapporto tra la realizzazione plastica e la sua decorazione pittorica.
Comunque per me la decorazione e la scultura sono abbastanza vicine fra loro, però non ho mai pensato di fare una scultura perché la dovevo o non la dovevo dipingere. Come posso dire? Il mio fare la scultura è un mistero, insomma come tanti altri misteri; mi sono messo a fare la scultura per caso, e così la pittura sulle statue come dicevo l’ho fatta per caso, perché le prime crete si erano rotte. Certo che realizzare una scultura per una pittura comporta dei volumi un po’ più rotondeggianti, diciamo, ma non l’ho fatti rotondeggianti perché volevo dipingerli, è tutto una combinazione di casi che portano le mie sculture a essere non spigolose, non longilinee, ma piuttosto robuste e piuttosto tondeggianti e la pittura riesco a trattarla in un certo modo. Le decorazioni si adagiano bene sopra a questi involucri, no ?
Però c’è anche tutto un altro discorso da fare per poter fare una scultura decorata come la realizzo io. Intanto ci vuole tanto mestiere e tante conoscenze dal punto di vista anche di realizzazione, perché per le sculture in terracotta, per esempio, ci vuole sicuramente un restauratore, un pittore e uno scultore, anche se molte volte questi rapporti non coesistono in modo netto e separato. In antico la pittura la faceva il pittore, la scultura la faceva lo scultore e poi quando la scultura era pronta la passavano al pittore, invece nel mio caso è un continuo rapporto tra i due mestieri con l’aggiunta di quello di restauratore, nel senso che bisogna conoscere tante materie e tante tecniche, bisogna averne anche la mentalità.
Come si sa, i grandi pezzi in terracotta non si possono cuocere, perché si dilatano e si spezzano, allora occorre un po’ sciuparli, diciamo tagliarli per ricostruirli dopo la cottura; quindi per realizzare una scultura come la mia ci vuole il restauratore intanto che la rimetta a posto, e io sono restauratore, anche se non di sculture, però sono restauratore, ho la mentalità di restaurare. Poi ci vuole un pittore, perché una volta che lo scultore ha fatto questa scultura, dopo per rifinire tutto quello che sono i tagli, le rotture, le giunte, i supporti all’interno, occorre dipingerle.
Quindi per fare una scultura come la mia ci vogliono uno scultore per realizzarla, un restauratore per ricostruirla e un pittore per terminare il tutto. E così si crea una scultura con una decorazione pittorica un po’ particolare, e anche se nessuno ha inventato niente, sembra abbastanza unica, perché, l’opera si realizza proprio con le conoscenze di due, di tre mestieri, per poter poi terminare in un unico risultato che è la scultura dipinta.
Qual è — se possibile — il Suo punto di riferimento tra gli artisti di ogni tempo ?
Gli artisti che ho conosciuto e che considero importanti. Per dir la verità, dovrei dire che gli artisti sono tutti importanti e nella mia vita di restauratore ne ho conosciuti e ne ho restaurati tanti, da non aver più una possibilità di riferimento o di scelta tra un pittore e un altro.
Non saprei com’è possibile scegliere fra Andrea del Castagno e Paolo Uccello, o fra Giotto e Simone Martini, o Lorenzetti e Taddeo Gaddi, e così via, Andrea del Castagno, Andrea del Sarto, il Beccafumi, il Gozzoli, il Sodoma, Taddeo di Bartolo.
Come si fa a scegliere qualcuno su cui hai lavorato anni e anni nel mio mestiere di restauratore. L’arte è una catena: nessuno inventa niente, anche se sembra che tutti inventino qualcosa. Non riesco proprio a pensare a un artista che mi abbia colpito di più di un altro e non riuscirei nemmeno a concentrarmi fortemente a capire se uno mi piace più o uno meno, insomma, perché un artista mi può piacere per come ha dipinto, un altro per la tecnica che ha impiegato, uno magari per le sue forme l’altro per i contenuti.
Credo d’avere avuto fortuna proprio di aver avuto la possibilità, col mio lavoro di restauratore, di non essermi mai innamorato di un pittore: Il mio ideale di pittore del passato o del presente non c’è, e credo che sia stato determinante proprio il fatto di essere un restauratore delle pitture di questi grandi maestri. Molto probabilmente, se non avessi fatto il restauratore, non so forse, non avrei fatto più nemmeno lo scultore, forse avrei perso anche la voglia di dipingere. Certo vivere quasi cinquant’anni in mezzo a queste grandi pitture sicuramente m’avrà dato qualcosa, sennò sarei ancora nelle caverne. Come si può dire, l’arte è una catena che si sviluppa di artista in artista; molto probabilmente io ho ricevuto, diciamo così, un misto di tante cose che sono esplose magari in questo mio sistema di dipingere queste sculture, nel fare certe sculture senza nemmeno saperlo.
Qualche parola sull’ambiente che ha contribuito alla Sua formazione.
La mia formazione è stata in una scuola d’arte piccola. Si usciva da una guerra, le scuole elementari le avevo frequentate d’estate, quasi come uno „fuori corso”, perché, per una ragione o per un’altra io dovevo andare con la famiglia: mio padre faceva il carbonaio, il taglialegna, perciò le scuole erano lontane e si doveva camminare dei giorni per poter andare a scuola.
Quando sono dovuto andare in una scuola di città, una scuola superiore, dopo le elementari, mi sono trovato in una situazione disastrosa, tanto che dopo due giorni di frequentazione di questa scuola dissi ai miei genitori che non ci tornavo più. Erano troppi i ragazzi, troppa confusione per me che venivo un po’, diciamo così, dalla campagna, per non dir dal bosco. Tutti si misero a cercare una soluzione a questa mia idea di non voler andare in una scuola di avviamento professionale e per un caso mi si fece andare alla scuola d’arte di una città piccola, dove gli insegnanti non erano i professori nati per fare i professori, ma erano artisti, erano i pittori, i migliori pittori che ci s’aveva nella nostra città, e lì ci hanno insegnato a vivere, diciamo, più che a dipingere.
Dopo quattro anni che frequentavo questa scuola che per me era proprio l’ideale passai a fare il ceramista, anche se un professore della scuola mi consigliava di andare a bottega a Firenze dove avrei potuto fare il restauratore. Continuai invece a andare nella città, appunto a Pistoia, a fare della ceramica: era il lavoro più vicino che potessi avere e devo dire che la scelta dopo due anni si rivelò uno sbaglio, perché non c’era mai lavoro, e si doveva cambiare da un posto a un altro, perché magari chi ti prendeva non ti voleva pagare.
E allora questo professore della scuola mi portò a Firenze e mi presentò il restauratore Leonetto Tintori con cui io ho continuato a lavorare fino a metà degli anni ’80, quando lui ha smesso.
Con Tintori ho girato da tutte le parti, con lui ho avuto la possibilità di restaurare e poi continuare a restaurare i grandi capolavori che m’hanno formato e ho vissuto in un ambiente dove le possibilità per la mia formazione di restauratore erano buone. Facevo il restauro tutti i giorni, poi il sabato e la domenica mi dedicavo alla mia scultura, e l’ambiente è stato questo, di frequentare anche gli storici dell’arte, alcuni dei quali si sono anche entusiasmati ai miei lavori, e non sto a citare i nomi, per quelli più importanti ci sono tutte le presentazioni alle mostre.
Non ho mai dichiarato di fare lo scultore e quando loro, per una ragione o per un’altra sono arrivati a vedere le mie cose, si sono meravigliati che io facessi certe cose quasi di nascosto. Questo è il mio ambiente, il mio ambiente bello, interessante, con gente gentile, con persone gentili, con persone di grande cultura e per me è stato di grande soddisfazione.
Il lavoro di restauratore ha qualche conseguenza sulle scelte tecniche da Lei attuate nel campo della creazione artistica ?
Fare il restauratore ti insegna tante cose, le scelte tecniche che poi ho applicato e tante cose che se non avessi fatto il restauratore non avrei potuto conoscere, tanti materiali, tanti metodi che sono state importanti, per questo dicevo che ci vuole un restauratore, oltre allo scultore e al pittore per fare certe realizzazioni e certe sculture mie.
Quali sono i soggetti preferiti per le realizzazioni artistiche ?
I soggetti sono tanti, però sono frutto del momento; sono molto portato a fare delle figure giovanili e sicuramente sarebbe un problema se dovessi fare un soggetto di una certa età, insomma, un vecchio o una vecchia, anche se una delle prime sculture fu proprio una vecchia. Le prime sculture erano un po’ soggetti di lavoro, perché magari impegnato da giovane a trovare un lavoro. Poi nel tempo ho cambiato. Mi sono sposato, sono nati i figlioli, e senza voler realizzare proprio i soggetti familiari, mi sono orientato verso i bambini.
Il 1968 rappresenta una svolta nella mia scultura perché sono nati il mio figliolo e la mia figliola, dal 1968 – 1969 in poi, i miei soggetti sono diventati i bambini, le maternità. Tuttora la maternità è un soggetto che mi prende, non capisco il meccanismo, ma insomma ne realizzo molte, anche perché è una composizione che ti dà maggiore possibilità di realizzare una scultura, mentre una scultura singola può rimanere un pochino più sola, diciamo, nel senso che è un po’ più difficile farne una scultura di un certo effetto. E poi ci sono i cavalli. A seconda dei periodi, ci sono i cavalli, anche questo un po’ perché molti scultori hanno realizzato i cavalli, e anche perché il cavallo è un animale molto bello, gli si vuol molto bene. Quando ero giovane frequentavo un po’ l’ambiente dei cavalli.
E così via, soggetti e momenti, non è che uno ha preferenze di un soggetto. Può capitare un’idea: un busto, una testa, perché ti ha colpito e così via. Tutti i giorni mi può capitare di realizzare qualcosa che nemmeno pensavo; insomma, per uno che è un po’ portato all’arte fa piacere stare in mezzo alla gente, osservare una persona come è pettinata, un’altra come è vestita e nascono così quasi per caso i soggetti. Però una delle costanti, diciamo, dal 1968 a tutt’oggi è la maternità.
Pensa che la Sua attività avrebbe bisogno di essere maggiormente conosciuta nei confronti di un pubblico più vasto ?
Esser conosciuti è importante, penso che ci sarebbero tante più soddisfazioni. Ci sono tante persone, tanti artisti che sono sconosciuti e magari sono importantissimi. Ma questa è la vita, è la possibilità, è la fortuna che uno ha più e meno, al di là di essere o non essere più o meno bravi. Certo, se la mia attività fosse stata più conosciuta avrei avuto la possibilità di creare opere più importanti; magari, invece di dover fare il restauratore avrei potuto fare l’artista, cioè lo scultore, il pittore, tutti i giorni e sicuramente avrei avuto maggiore possibilità di dedicarmi all’arte e di conseguenza maggiore possibilità di esser conosciuto, perché è tutta una catena. Ma sono abbastanza contento di quello che sono, ora così, anche perché se sei tanto conosciuto finisci per lavorare anche meno; essendo meno conosciuto lavori di più, perché ti fanno perdere meno tempo.
Ritiene che le mostre siano uno strumento sufficiente per comunicare il Suo messaggic figurativo al pubblico ?
Ritengo che le mostre siano abbastanza importanti, altrimenti se non avessi fatto nessuna mostra, nessuno mi avrebbe mai conosciuto. Ho fatto delle mostre in cui m’hanno visto migliaia di persone, e altre dove m’avranno visto sì e no cento persone. Ma anche una piccola mostra può farti conoscere un grande personaggio e così piano piano nasce il farsi conoscere da tante persone.
Ho avuto anche fortuna, e la fortuna bisognerebbe prenderla al volo; la fortuna in un modo o per un altro ti passa accanto. eppure se uno non ha le possibilità, ti passa accanto ma non sai coglierla. Ma anche per coglierla e non coglierla bisogna avere delle possibilità, dei valori, cosa che io fino a poco tempo fa non avevo mai pensato di avere. Io non ho mai creduto di far cose belle; sì insomma qualcosa alle persone piaceva, però, i miei lavori mi piaceva di molto farli per me.
Ecco, non ho mai pensato di far una scultura per venderla e non ho mai pensato che qualcuno potesse comprarla. Fino a qualche anno fa ho sempre pensato, quando sentivo dire, „sai artisti si nasce”, che lavorando e lavorando si poteva anche riuscire ad esprimere qualcosa, non vedevo molte cose dentro di me, insomma io non ho mai visto quello che ora magari riesco un pochino di più a percepire. Ora mi sento di dire che bisogna esser nati per fare certe cose, perché sennò magari uno lavora, lavora, ma dentro non c’è anima, non c’è nulla nelle cose che fa.
E’ per questa mia poca convinzione di quello che facevo, che non mi sono mai impegnato a far veder tanto i miei lavori e ho sempre avuto fortuna che, per caso, delle persone che si interessavano di arte ne siano state affascinate.
Qual è il senso del Suo messaggio artistico ?
Anche per questo non ho mai pensato di lanciare un messaggio al pubblico.
Ho cercato sempre di fare le mie cose con amore, con passione e vedo che ora tante altre persone capiscono questo messaggio, che ora posso definire messaggio, perché è un messaggio di poesia, di amore, di stupore e se si vuole anche di leggera malinconia.
Non ho mai cercato di mandare nessun messaggio artistico, eppure ci si può domandare cosa dicono le mie sculture, cosa dicono? Non dicono niente, esprimono il modo di essere di una persona, perché quella persona dentro di sé è così. Se si riesce a mandare un messaggio al pubblico non è che l’artista sa di mandare un messaggio. Penso che sia il pubblico a intuire, a sentire il pensiero di uno scultore, di un pittore, di un artista in genere e ogni persona sente il suo di messaggi attraverso le opere che guarda e i messaggi sono infiniti, penso.
L’intervista è stata fatta da Dott. Bruno Santi,
sopraintendente al patrimonio storico e artistico di Siena e Grosseto, Siena